Inaugurazione Mostra – Sabato 21 settembre 2013
ore 18.00
MICHEL AUDEBERT
ILARIA VANNI
LORENZO BELARDI
ALESSANDRA SITTA
Quattro mostre personali invadono gli spazi di Wikiarte per raccontare la materia fattasi arte. L’eterogeneità degli artisti rende ancora più evidente il nesso che li collega e che si esprime in una accurata ricerca sulla materia, naturale o artificiale, che, a seconda della creatività che la manipola, si presenta nelle sue forme più inaspettate.
Molti definirebbero i lavori di Lorenzo Belardi frutto di una ispirazione informale, chiaro tratto di italianità. Non possiamo darli torto se rimaniamo ad osservare le paste sgorganti dalla tela come un esercizio dell’enfasi gestuale e materica del degrado della forma. Ma se, invece, realizziamo che davanti agli occhi non abbiamo la radicale risposta a una crisi intellettuale (come lo era l’Informale degli anni ‘50 –‘60 del XXsec.)dovuta a una devastazione bellica, scopriamo che la prima espressione, pur valida, rimane incompleta. Questo perché, oltre le similitudini strutturali con un’arte aniconica, il lavoro mostra una insistente presenza, bizzarra e contorta, irregolare e cangiante , tale da creare un atmosfera barocca frizzante di perle dorate e schizzi d’acqua e sangue. Le opere assumono cosi l’aspetto di informi ferite aperte, ma la dinamica del gesto non è dettata dal taglio lesionante si stampo azionista bensì dallo svolgersi del linguaggio gestuale drammatizzante e eloquente, a volte patetico, del Barocco. Questa reciproca consunzione delle due caratteristiche principali di due maniere tanto lontane e differenti stilisticamente produce un arte tanto emotiva e concettuale quanto vistosa e espressiva.
Il punto è la partenza per l’arte di Ilaria Vanni e diventa l’unità costitutiva per il colore e la forma, per la luce e il movimento. L’artista non disdegna suggestioni post-impressioniste e romantiche, sia nella realizzazione tecnica che nelle tematiche, operando con un pennello leggero e trasparente, di tratti veloci e luminosi che tessono il trama pittorico. Quest’ultimo si esprime in forme di volumi instabili, pixelizzati che permettono il sovrapporsi di una molteplicità dei piani di raffigurazione, in prospettive verticali e orizzontali, che si “incastrano” in un perfetto andamento narrativo, a volte molto saturo. La pluralità dei piani e dei punti di vista, la dolcezza e l’ingenuità del raffigurato, la luminosità non aggressiva dei colori semplici fanno emergere nella mente di chi guarda il giottesco mondo, spirituale e cordiale, mentre un certo sintetismo figurativo e cromatico rimanda alle visioni tahitiane di Gauguin. La poetica di Vanni possiede il raffinato sentimentalismo femminile, ma si concentra principalmente sullo studio della costruzione a più fasce dell’impostazione dell’immagine, volta ad ottenere un complesso unitario nello stesso riquadro di una narrazione plurima che inevitabilmente esercita un coinvolgimento immediato della percezione e, dunque, della cognizione.
Le Corbusier insegna che il pilastro, il tetto terrazzato, il nastro – finestra e la facciata libera in una pianta altre tanto libera sono i cinque punti dell’architettura moderna, quella costruita per l’uomo e a misura d’uomo. Il moderno modulor del proprio habitat si impone come misura per ogni cosa, causando cosi una importante standardizzazione architettonica madre della contemporanea unità, per niente unica, d’abitazione. Il “bosco di cemento”, nato da fallite utopie urbanistiche, è attualmente il “naturale” habitat dell’umanità. Alessandra Sitta si muove in esso con la curiosità del bambino e l’originalità del creativo, cercando di ricomporre, con l’aiuto della macchina fotografica, i volumi solidi, irremovibili e statici, in nuove Costruzioni geometriche che trasformano il volume in linea, estraniandosi dalla fisicità degli oggetti e enfatizzando il loro puro concetto estetico. Il risultato di questa operazione ha sempre una duplice natura, anche per il suo essere fotografia: da una parte la registrazione imparziale e disinteressata del “non luogo” indefinibilie e straniante dove esperienza fisica e mediale si sovrappongono; dall’altra parte la pratica sensuale di un ambiente diventato il “luogo” carico di reciproci rimandi con il corpo la sua memoria fisica dello spazio.
L’evidente ricerca di specificità nelle fotografie di Michel Audebert avvicina la sua ricerca a elementi neo-pittoricista degli anni trenta del secolo scorso. Ma, d’altronde, lo stesse Edward Weston ha un passato da pittoralista, prima di ottenere la particolarità della natura fotografica dotata di un linguaggio talmente specificante, che rende possibile una vista “oltre” la vista capace di indagare oltre quello che normalmente comprende l’occhio . La natura evocativa del corpo umano, del paesaggio e dei suoi elementi (acqua-aria-terra) sono la prima via d’espressione di questo procedimento, e lo stesso Audebert dimostra con i propri lavori, di essere riuscito a “catturare” nell’immagine il flusso creativo e l’energia che scorre attraverso le cose e le collega tutte. Una visione tanto universale quanto intima.
Denitza Nedkova
Critica: Presentazione a cura di Denitza Nedkova
Curatori mostra: Deborah Petroni -Rubens Fogacci
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