Il turismo di lusso: stato attuale e potenzialità (Abstract) Di Magda Antonioli Corigliano (Direttrice Master in Economia del Turismo, Università Bocconi) E Sara Bricchi (Ricercatrice MET, Università Bocconi) Milano, 2 aprile 2017 –
Si stima che «ogni 8 euro spesi nel travel nel mondo, 1 è per un viaggio di lusso» (IE Premium and Prestige Business Observatory, 2015). Il comparto cresce e i numeri dicono che continuerà a farlo a livello globale ancora per tutto il prossimo decennio (+6,2% annuo fino al 2025 – contro una crescita stimata del settore travel nel suo complesso di +4,5% annuo) (Amadeus, 2016). Tuttavia l’importanza del turismo di lusso come mercato non si limita alla sua crescita, continuata anche durante la crisi (+4,5% annuo nel periodo 2011/2015 – Amadeus), o al giro d’affari che esso è in grado di muovere (Secondo Altagamma e Bain nel 2016 poco meno di 300 miliardi di € solo per Hôtellerie, F&B e Crociere). E’ anche e soprattutto dovuta al fatto che questo segmento è in grado di anticipare tendenze e comportamenti di consumo che riguarderanno in un futuro non troppo lontano il turismo nel suo complesso. Essere quindi in grado di comprendere le motivazioni dei luxury traveler, non solo consentirà di offrire loro un prodotto/servizio sempre più customizzato (pertanto dal maggior valore aggiunto), ma di capire cosa muoverà tra qualche anno il mercato nel suo complesso e di predisporre un’offerta adeguata. Il concetto di lusso si è evoluto nel corso del tempo e ad oggi è sempre meno legato a beni materiali (indici di status ed ostentazione) e sempre più connesso alle passioni, alla soddisfazione personale e alle esperienze, a tutto vantaggio dell’industria turistica (Secondo un sondaggio di Skift, 2017, seppur con differenze sensibili tra i diversi paesi, oltre il 50% degli intervistati ha dichiarato di preferire un’esperienza di viaggio ad un bene materiale di lusso). La soggettività connessa a questa visione del lusso pone nuove sfide agli operatori del settore, legate all’esclusività ed alla personalizzazione del servizio, ma soprattutto alla segmentazione del mercato e alla definizione di un bacino di domanda potenziale. Si stima che nel mondo vi siano circa 14 milioni di HNWI (High Net Worth Individuals – Capgemini, 2015) e 2100 billionaire (Hurun, 2015), a cui è necessario sommare tutti coloro che pur avendo un patrimonio inferiore si rivolgono di tanto in tanto a prodotti e servizi di lusso (è sempre meno netta la distinzione tra premium e luxury). E’ infatti l’effettivo comportamento di consumo, oltre al livello di ricchezza accumulata (e non tanto criteri geografici/sociodemografici), a definire chi sono i luxury traveler. Anche se è sempre più diffusa la pratica del “Bluxury” (business+luxury), si tratta in gran parte turisti leisure (74% – IPK, 2015), interessati a tour, short break in destinazioni urbane, mare e crociere, provenienti ad oggi principalmente da Stati Uniti, Cina, Giappone, Canada e Australia (in Europa: Regno Unito, Francia e Germania). Sono però i mercati emergenti a mostrare una crescita maggiore: Cina +12,2%, India +12,8%, Russia +9%, Paesi del Golfo +4,5%. (Amadeus, 2016) Questi ultimi da tenere in considerazione anche in relazione alle loro capacità di investimento. Ciò che li accomuna è la ricerca di esperienze, intese come accesso a qualcosa di unico, per pochi selezionati (“a money-can’t-buy experience”), di innovativo, caratterizzate da alti livelli di qualità e personalizzazione, che suscitino emozioni e ricordi/storie da condividere, o che consentano di apprendere nuove conoscenze/praticare o perfezionare skill già acquisite (“esperienze trasformative”). Si calcola che, a livello globale, le esperienze rappresentino il 55% della spesa per il segmento luxury (Lux Redux) e siano soprattutto connesse a: enogastronomia, arte (intesa soprattutto come contemporanea), wellness-fitness e sport estremi, shopping. Si può affermare che sia l’intero viaggio a farsi esperienza: dalla digital experience in fase di prenotazione (internet risulta la prima fonte di informazione, nonché canale di prenotazione per i luxury traveler – il 72% si rivolge direttamente al sito dell’hotel o della compagnia aerea – Resonance, 2016), al trasporto aereo, al soggiorno in hotel (sempre più immerso nel tessuto e nella cultura locali), al rientro a casa al termine del viaggio con la condivisione del proprio vissuto. Questo concetto di lusso stimola gli operatori turistici a comprendere qual è il proprio ruolo all’interno della filiera: per poter offrire un maggior valore aggiunto al cliente (si calcola che gli HNWI spendano in media 3265 € a persona a viaggio – Visa) è infatti necessario comprendere come ci si inserisce all’interno dei suoi piani di viaggio, nonché quali siano i suoi bisogni ed i suoi desiderata nella situazione contingente. Da questo quadro emerge come cruciale sia il ruolo giocato dagli intermediari: se il 70% dei luxury traveler sceglie tour indipendenti (Visa), la maggior parte di essi ricerca però anche l’esperienza di un consulente, sia egli un concierge o un operatore dell’intermediazione, che sia in grado di tradurre le necessità ed i sogni del singolo in un’esperienza tailor-made, nonché di metterlo in contatto con i brand e le realtà del lusso nella destinazione. Chiave è quindi il ruolo della filiera, che non deve risultare composta di semplici fornitori di servizi, ma di professionisti in grado di dialogare e cooperare, tanto a livello verticale, quanto a livello di destinazione, per offrire un unico prodotto esperienziale omogeneo ed unitario, il viaggio di lusso, in cui le diverse componenti risultino sincronizzate. La tecnologia ed il mobile giocano sicuramente un ruolo funzionale importante in questo ambito e l’utilizzo intelligente delle «tracce digitali» lasciate dai luxury traveler consente di ottenere informazioni preziose su preferenze e comportamenti di consumo utilizzabili per migliorare tanto il prodotto/servizio offerto, quanto le operations. Non bisogna però dimenticare come in questo segmento è la relazione umana a fare la differenza ed è pertanto particolarmente importante prestare attenzione alle Risorse Umane, ed in particolare al personale di contatto, con azioni specifiche di talent scouting, training, motivazione, employer branding e ritention. Lo studio si chiude con un focus sull’Italia da cui emerge come, nonostante il nostro paese risulti stabilmente meta più desiderata dai luxury traveler stranieri (si pensi soltanto ai ranking di Virtuoso, Travel Leaders Group o Traveller Made che anche quest’anno ci vedono primeggiare), vi siano ancora margini di miglioramento sia per quanto riguarda gli arrivi, sia per ciò che concerne la spesa. Per poter far ciò, come emerso dalle interviste condotte con operatori ed esperti del settore è necessario far leva sulla propria cultura e sulla propria identità rivedendola in chiave contemporanea.
Ufficio Stampa Fiera Milano Rosy Mazzanti – Simone Zavettieri
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